Passato Presente

Tullio Tidu: ritieni che ci sia qualche artista storico da riscoprire?

Giorgio Viganò: In questi giorni, a pochi passi da via Monte Napoleone, Building propone una mostra su Vincenzo Agnetti: non un’antologica, ma una selezione di lavori divisi nelle sezioni Ritratti Autoritratti e Scrivere, “interfacciati” da opere di Enrico Castellani e Piero Manzoni. Esposti sui diversi piani della galleria soprattutto i feltri, con il famoso “Quando mi vidi non c’ero”, il “Libro dimenticato a memoria”, il “Ritratto di ignoto”, l’Autoritratto, il “Ritratto di suonatore”, il “Ritratto di musicista”, una serie di fotografie tra cui “Autotelefonata”, opere tutte che dialogano con i compagni di avventura in Azimuth Manzoni (qui rappresentato con Linee, Impronte, Base magica, Tavole di accertamento) e Castellani (un magnifico dittico di superficie bianca e il Muro del tempo). Un lavoro complesso quello di Agnetti, qui indagato solo parzialmente (mancano le sue celebri “Bachelite” e le “Macchine”), ma in maniera esaustiva e che ci spronano ad approfondire la ricerca di un artista ancora in gran parte da scoprire. All’ultimo piano, oltre ad alcuni ritratti, anche un nucleo di opere di Italo Zuffi, che ha reso corposa l’inaugurazione con una performance che verrà ripetuta a metà dicembre. Una mostra impegnativa su cui riflettere.

Vincenzo Agnetti_Autoritratto

A Milano si sono svolti nello stesso giorno due importanti appuntamenti per far conoscere in maniera più approfondita il lavoro di Maria Lai. Al mattino nell’ex-Aula Magna dell’Accademia di Brera stracolma di studenti, Elena Pontiggia, Bartolomeo Pietromarchi, F.A.Miglietti e Maria Sofia Pisu, presidente della Fondazione dedicata all’artista, hanno presentato e illustrato il lavoro di Maria Lai. Alla sera presso la galleria M77, in occasione dello svelamento di un inedito (della serie dei “Telai”) acquisito dall’archivio, secondo appuntamento con collezionisti e appassionati d’arte. M. Torreggiani presenta l’artista parlando di opere impalpabili e immateriali; Elena Pontiggia tratteggia la capacità di mettere assieme l’insularità di Maria Lai e di essere nel contempo cittadina del mondo, che con i suoi telai crea tensioni nello spazio, verso un “oltre”. Rammenta inoltre la produzione “minore” come i video (dove raccontava favole) e il fatto di essere stata una delle prime artiste a praticare l’estetica di relazione (Legarsi alla Montagna, 1981). Giorgio Dettori, amico e fotografo della Lai, racconta alcuni aneddoti su gli incontri con Costantino Nivola e la caparbietà con cui Maria, donna minuta ma energica, voleva che scattasse due immagini (con luci diverse) della stessa opera per catturarne la profondità. Walter Baldi, collezionista che ha scoperto tardi Maria Lai, la descrive come artista emozionale e viaggiatrice astrale, mostrando alcune sue opere e confrontandole con lavori coevi di Boetti, Pascali e Beuys. Alla fine applausi per tutti.

Maria Lai_Telaio

Da M77 quasi un’antologica di Grazia Varisco, l’unica esponente femminile del Gruppo T di Milano, aggregatosi su istanze cinetiche a metà degli anni ’60. Questa esposizione annovera lavori che dai primi anni ’70 giungono sin alla più recente produzione, spesso con opere di grandi dimensioni e che da tempo hanno abbandonato la ricerca visual-cinetica per trasferirsi in un più scenografico ambito di design scultoreo, spesso enfatico e talvolta addirittura autocitazionista narcisistico. E se in “spazio potenziale” (1973-75) è ancora presente lo spirito e l’anelito della ricerca iniziale, già nelle opere del decennio successivo la virata verso la scultura designe l’istallazione è più che evidente. Un percorso che trova il suo epilogo nelle opere più recenti quali “OH!” (1996); “Quadricomunicanti” (1984-2012) e “Comunicanti in acciaio” (2008).

Grazia Varisco_Oh!

Qualche pittore non più giovane ma ancora interessante?

Franz Akermann da Giò Marconi: il gioioso tappeto di bandiere che ricopre il pavimento del salone principale dello spazio espositivo richiama subito, anche per i colori squillanti, le mappe del mondo di Alighiero Boetti. Per quanto riguarda le opere a parete, molto più elaborate delle precedenti tele dipinte, si notano degli inserti su più livelli, opere multi-strato con applicazioni di frammenti di fotografie, richiami a paesaggi e vedute di città, carte e frammenti di tela dipinte. Lavori che si discostano dal Franz Ackermann pittore astrattista geometrico che abbiamo sin qui conosciuto, e che forse è quello che più ci piace. Opere forse “troppo pensate” (la ricerca di scorci di Milano da inserire nei quadri) e prive di quella immediatezza razionale che ci ha fatto apprezzare il suo lavoro precedente, molto più duro, aggressivo e meno didascalico.

Franz Ackermann_Mental map

Nell’algido spazio della rinnovata galleria Tega ho visto una personale di Luca Pancrazzi. Sebbene nella sua ormai ultratrentennale carriera si sia cimentato anche con la performance, la fotografia, la scultura e la performance musicale, rimane pittore, nel senso che nelle sue pennellate si intuisce la passione per il dipingere. Ha presentato “Bianco Milano”, una serie di tele tutte giocate sulle differenti sfumature del bianco. Sono solo paesaggi urbani, viali alberati, grattacieli, sottopassi,particolari di periferia. Paesaggi che si leggono allontanandosi dalle tele, da vicino risultano delle stesure inintellegibili di bianco differente. Non c’è un interno, ma solo una città spesso fermata prima in una fotografia, talvolta scattata da una automobile in corsa. Un esercizio di pittura che dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la padronanza del mezzo espressivo.

Luca Pancrazzi_Bianco Milano

 

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