Three of a perfect pair

Tullio Tidu: So che non vuoi parlare di Arte Fiera…

Giorgio Viganò: Arte Fiera a Bologna è stata l’occasione per visitare la mostra “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna” al Museo Archeologico. Una esposizione di oltre 1.400 reperti, provenienti da oltre 60 musei italiani e stranieri, che documentano la storia e la civiltà degli Etruschi. La mostra è concepita come un viaggio, un viaggio nel tempo della civiltà etrusca, dall’alba delle città al potere dei principi fino all’impatto con Roma. E poiché le fonti scritte sono quasi inesistenti, tutto viene documentato attraverso materiale di scavo. Popolo diffuso non solo in Toscana, ma anche in Campania e in parte della pianura Padana, il più esteso territorialmente nell’Italia preromana e che regnò anche su Roma, come dimostrano e testimoniano gli ultimi tre regnanti. Sono gli Etruschi, primi tra tutti i popoli dell’Italia antica, che inventarono la città, superando i precedenti modelli di villaggi, semplici e capillarmente diffusi, per giungere alla città come sistema politico ed economico complesso, come città-stato. Arredi, statue in marmo, terracotte, ceramiche, sculture in tufo, ori, bronzi, scudi ed elmi in vari metalli, manufatti, pitture, laterizi, testimoniano anche l’apertura e gli scambi culturali, le contaminazioni artistiche e gli stimoli che provenivano non solo dal Mediterraneo e dalla Grecia, ma anche dal cuore dell’Europa. Momenti di confronto e interazione che vengono elaborati e assimilati e al fine valorizzati da un popolo con una sua precisa identità. Notevoli alcuni pezzi in mostra quali la scultura in pietra dei Coniugi sul triclinio, alcune anfore finemente dipinte che richiamano coevi manufatti della Magna Grecia, alcuni bronzetti filiformi e tante terracotte dipinte.

Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna, Bologna / 7 dicembre 2019 – 24 maggio 2020

Testa di giovinetto_Fiesole_330-300 ac_Courtesy CC Wikipedia

Torniamo al Reale (Palazzo): dopo l’attività intensa fra dicembre e gennaio ci sono novità?

Ultimo dei caravaggeschi importanti, Palazzo Reale dedica, primo in Italia, una mostra a Georges de La Tour, artista che fece della luce e del buio i suoi elementi distintivi. Grande in lui, soprattutto nelle opere più emblematiche, il senso drammatico, teatrale della composizione e lo studio accurato della luce. A Milano si erano già ammirati alcuni anni oro sono “L’adorazione dei pastori” e “San Giuseppe falegname”, opere significative che avevano richiamato grandi folle e che ora, inspiegabilmente, non sono presenti in questa rassegna. Con de La Tour, dopo Caravaggio, la storia dell’arte sembra scoprire una nuova dimensione della luce. Una luce netta, capace di fermare l’attimo e di far emergere dal buio quello che è importante: la luce sottolinea gli elementi fondamentali del dipinto, lasciandoci sospesi in una concentrazione assoluta, ove il blocco luce-buio entra di prepotenza nella struttura del dipinto, conferendole una dimensione teatrale, quasi a rendere drammatica la scena. Realismo crudo, di una pittura al naturale; una rappresentazione che racconta il mondo reale, quasi “una messa a fuoco” fotografica, un contrasto che vivifica la tela, ma dove la luce stessa rende immobili le figure: gli uomini e le donne rappresentate sono infatti privati di ogni azione. Dispiace solamente che per questa occasione Palazzo Reale non sia riuscito ad ottenere alcuni prestiti significativi, come i quadri del Louvre, che avrebbero fatto di questa mostra un evento veramente importante.

Georges de La Tour, L’Europa delle luce, Milano / 7 febbraio – 7 giugno 2020

Georges de La Tour_S.Giuseppe falegname_1640_130x100 cm_Courtesy CC Wikipedia

Dopo l’Antico e il Moderno, qualcosa di Contemporaneo?

Senza dubbio Tony Lewis da Massimo De Carlo. Delle grandi carte colorate , sagomate con forme oblunghe, applicate e sovrapposte su ampie superfici cartacee, completate poi con grafite, compongono i grandi lavori che Tony Lewis presenta nella sua prima personale da MDC. La grafite e la carta sono i mezzi che l’artista utilizza per creare e tracciare narrazioni, forme astratte dietro cui si celano storie complesse, ma che non riescono, al di là dell’imponenza, a generare reali emozioni. Più interessanti forse le grandi carte bianche “sporcate” a grafite e con stringhe di nastro adesivo quale collante fra le varie parti dell’opera. Anche le grandi sculture di carte arrotolate, segnate e imbrunite con grafite e matite colorate, che l’artista denomina “disegni a pavimento” (che nascondono al loro interno un altoparlante che ripete brani del dibattito svolto nel 1965 alla Cambridge Union dal titolo “Il sogno americano a spese del negro americano”) non sono, al di là del tema specifico, una nuova modalità dì intervento artistico e lasciano il visitatore perplesso sugli esiti di questa prima prova dell’artista americano nelle sale della galleria milanese.

Tony Lewis, The Dangers (As far as I can see) Milano / 21 gennaio —28 marzo, 2020

Tony Lewis_Roloc fo eploep_2019_matita,matita colorata e polvere di grafite_203x62,5 cm-courtesy of Massimo De Carlo
Tony Lewis_…The Rhetorical Momentum That Some Of Their Arguments Are Taking…_2019_grafite e inchiostro Epson Ultra ink su carta_167,6x203x6,3cm_courtesy of Massimo De Carlo
Dettaglio_…The Rhetorical…_courtesy of Massimo De Carlo

Da non perdere, dopo oltre dieci anni di chiusura e trenta di abbandono, la riapertura della Casa degli Artisti in Corso Garibaldi . Voluta e creata dai fratelli Bogani, industriali di inizio ‘900, è stata un punto di riferimento per intere generazioni di creativi che arrivavano a Milano da tutta Italia, e non solo. L’ultima sferzata di vitalità si ebbe grazie all’impegno costante di Luciano Fabro, della critica d’arte e docente Jole De Sanna, di Hidetoshi Nagasawa e, saltuariamente, Dadamaino. Il recupero e la ristrutturazione, voluta dalla precedente Giunta Pisapia, è stato portato a termine in poco più di due anni di lavori. Alla festa di inaugurazione degli spazi ritrovati, che potranno accogliere artisti in residenza, studi, laboratori di pittura, musica e danza in oltre 1.500 mq di superficie, hanno partecipato, oltre a centinaia e centinaia di giovani artisti, anche i primi assegnatari degli atelier: Gianni Caravaggio, ora docente a Brera, che frequentò il vecchio spazio quale allievo di Fabro; Pietro Coletta, artista che, arrivato a Milano, visse per diversi mesi in una roulotte, oltre a Luca Pozzi, artista in residenza assieme a due altri giovani coetanei stranieri. Alla serata inaugurale sono intervenuti anche Arisa, Vinicio Caposella, Sangiorgi emolti altri gruppi e solisti.

Casa degli Artisti, Milano, Corso Garibaldi 89

Casa degli Artisti_Milano_courtesy of Milano Today
Casa degli Artisti_courtesy of Repubblica
Casa degli Artisti_courtesy of Artslife
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